Molti dicono che quello ideale deve “entrare” in una coppa di champagne… Vero o falso che sia questo ideale estetico, non c’è donna – di qualunque età – che non desideri un seno turgido e ben modellato. In una parola perfetto. Se la natura non è stata compiacente o, più facilmente, l’età ha lasciato dietro di sé tracce poco gradevoli, non resta che ricorrere al chirurgo plastico. Una decisione che accomuna un numero crescente di donne. Come confermano le cifre. Secondo i dati 2014 dell’Aicpe, Associazione Italiana di Chirurgia Plastica, la mastoplastica additiva è il secondo intervento più richiesto nel nostro Paese, con 33.532 casi, preceduto solo dalla liposuzione (43.989) e seguito dalla blefaroplastica (32.313). Ma scendiamo nel dettaglio.

Più volume

A cominciare dalla mastoplastica additiva, che si effettua, con l’inserimento di protesi mammarie, quando il seno si è svuotato e ha perso volume. Quelle di ultima generazione, in una gamma di modelli praticamente infinita (rotonde, anatomiche, diverse per testurizzazione, misura, dimensioni, profilo basso, medio, alto, extra), garantiscono risultati naturalissimi alla vista e al tatto perché possono adattarsi millimetricamente alle misure e alle caratteristiche fisiche di qualsiasi donna. L’intervento consiste, dunque, nell’inserimento delle protesi direttamente dietro la ghiandola mammaria o dietro il muscolo grande pettorale. Attualmente in voga, per gli esiti molto naturali che sortisce, è una tecnica mista, denominata Dual Plane, che consente di posizionare la protesi in parte in posizione sottoghiandolare (nella parte inferiore della mammella) e in parte sottomuscolare (porzione superiore della mammella, dove la cute è più sottile e il rischio di palpabilità della protesi più alto). Una piccola sutura chiuderà l’incisione cutanea. Oggi la metodica più innovativa è la cosiddetta “invisibile scar”, che garantisce un’unica cicatrice periareolare (quasi invisibile grazie al ridotto spessore cutaneo e al cambiamento di colore tra pelle e areola) o nascosta lungo il solco sottomammario, in particolare se un po’pronunciato.

Lifting anti-cedimenti

Si ricorre, invece, alla mastopessi (o lifting del seno) in caso di caduta del seno, con rilassamento dei tessuti e dei capezzoli. Molte le cause: perdita repentina di peso, dieta rigida, gravidanza e allattamento, invecchiamento. Il chirurgo rimuove, dunque, la cute in eccesso, riposizionando, nel contempo, il complesso areola-capezzolo in una zona superiore sulla parete toracica. Le incisioni variano da semplici peri-areolari a peri-areolare più verticale, sino a quelle a T invertita a seconda sempre della grandezza del seno. La più “moderna” e la più attuale, è comunque quella a cicatrice verticale, opera dei chirurghi più aggiornati, sì da poter limitare molto l’antiestetico risultato di una cicatrice troppo evidente. Se si intende anche aumentare il volume del seno, il chirurgo inserisce la protesi mammaria sempre attraverso lo stesso accesso.

Meglio ridurlo

Il seno è troppo ingombrante, tanto da creare disturbi come dolore alla schiena, alle regioni cervicale, lombare e mammaria, cefalee, problemi di respirazione, dermatiti e ulcerazioni in corrispondenza delle spalline del reggiseno e nella piega sottomammaria. Per ridurne le dimensioni, correggendo anche eventuali asimmetrie, c’è la mastoplastica riduttiva. A seconda che si tratti di piccole, medie o grandi riduzioni, le incisioni possono essere effettuate solo intorno all’areola o scendere verticalmente fino al solco sottomammario e lungo la piega inferiore del seno (cosiddetta incisione a forma di ancora o a T rovesciata). Le piccole cicatrici resteranno nascoste all’interno del reggiseno o del costume da bagno.

Info

In tutte le varianti descritte, l’intervento può durare da 1 a 3 ore. Avviene in day hospital con anestesia locale più sedazione, talvolta in anestesia generale. Possono essere utilizzati tubicini di drenaggio rimossi pochi giorni dopo. Nei primi due giorni potranno apparire gonfiore ed ecchimosi localizzati. Raramente si possono verificare sanguinamenti, infezione, cicatrici cheloidee e alterazioni della sensibilità dell’areola e del capezzolo (soprattutto in pazienti fumatrici). La paziente deve stare a riposo un paio di giorni pur continuando le proprie attività ma in modo più misurato e indossare un reggiseno conformato per 4 settimane: le prime 2 giorno e notte, le altre 2 solo di giorno. Il dolore è modesto, ben controllabile con i farmaci e lascia rapidamente il posto a fastidio. I primi punti di sutura vengono rimossi dopo 7 giorni, gli ultimi nella terza settimana.