Dal lipofilling al nanofat: l’evoluzione positiva di una tecnica

Da molto tempo sono note le capacità positive del trapianto adiposo. Il grasso che da molti anzi potremmo dire, da tutti, viene visto come un inutile accessorio del nostro organismo, che deve essere eliminato il più rapidamente possibile con diete più o meno drastiche o rimedi empirici, contiene invece al suo interno delle frazioni che contribuiscono e alla salute dell’individuo e, se opportunamente trattate, al miglioramento estetico.
Difatti, gli adipociti ovvero le cellule di grasso che contribuiscono all’ingrassamento vero e proprio, costituiscono solo il 95% al massimo, del volume, mentre il rimanente 5% è costituito dalle preziosissime frazioni stromali vascolari e dalle cellule staminali di origine adiposa. Sono proprio quest’ultime, di cui tanto si parla anche in diversi altri campi della Medicina, che creano, una volta separate dal grasso e reiniettate, le condizioni per un miglioramento estetico del tutto naturale, basato sulle proprie cellule e proprio per questo privo di fenomeni di rigetto e molto ben tollerato.
Tutto ciò si verifica con una tecnica di recentissima introduzione, il cosiddetto nanofat, che si avvale di microstrumenti in grado di separare il grasso ovvero le cellule adipose, dai fattori di crescita e consentirne l’iniezione con gli stessi aghi che si usano per le infiltrazioni, ad esempio, di acido ialuronico. Quindi, questa tecnica oltre ad essere del tutto indolore, rappresenta un passo avanti importante per la medicina rigenerativa. Le indicazioni sono rappresentate dalle occhiaie, dalle cicatrici che siano da acne o da traumi o da interventi chirurgici e può essere adoperata in unione al lipofilling qualora volessimo dare maggior durata al lipofilling stesso e migliorare in modo sensibile la qualità della pelle. Non dimentichiamone poi l’utilizzo come biorigenerante in associazione o meno al PRP, tecnica che di per sé dona già alla pelle una lucentezza ed un ringiovanimento importante.