È un classico. Il ritorno della luce primaverile fa affiorare in ciascuno di noi la voglia di rinascita. E, perchè no, di bellezza. Specie quando lo specchio denuncia impietosamente la comparsa dei segni della stanchezza e dell’età. D’obbligo una visita dal medico estetico per un restyling delicato ma visibile. Quale tecnica di ringiovanimento scegliere? Oggi questa domanda non è più necessaria, visto che si può puntare su un mix di tecniche mirate. Una proposta in 3 step.

1 – Rigenerare la pelle stanca, stressata e disidratata con una biorivitalizzazione ad hoc. Si effettuano una serie di microiniezioni su superfici diffuse di viso, collo e décolleté. Tra i prodotti più indicati: Teosyal® PureSense Redensity I, che idrata a fondo i tessuti, migliora la texture della pelle, contrastando i radicali liberi. Alla base della formula, acido jaluronico non cross-linkato con l’aggiunta di un complesso ridensificante e antietà formato da antiossidanti, minerali, vitamine e amminoacidi. Più un tocco di lidocaina dall’effetto anestetico per un maggior comfort del paziente durante il trattamento.

2 – Ridefinire l’ovale e attenuare le rughe del viso, in particolare, nasogeniene, frontali, perioculari e del collo, grazie ai nuovi fili riassorbibili di polidiossanone, materiale ampiamente collaudato, che non provoca reazioni allergiche o di altro tipo. Lo specialista li introduce mediante aghi sottilissimi e indolori, ricreando una sorta di rete sotto il derma. Ogni filo misura circa 3 cm e ne servono mediamente dieci per ogni area trattata. In genere, per ottenere un effetto lifting complessivo, si interviene su tre diverse zone del viso: mandibola, guance e zigomi. Il risultato si vede subito e dura fino a 6 mesi. Non solo: dissolvendosi in maniera graduale, i fili stimolano la sintesi di nuovo collagene, a tutto vantaggio dell’elasticità e del turgore cutanei. Il trattamento è sicuro, non lascia tagli, nè cicatrici.

3 – Uniformare il colorito, eliminando pori dilatati, macchie brune e couperose con la luce pulsata o o IPL (Intense Pulsed Light). Spesso confusa con il laser, è una tecnica, nata alla fine degli anni ’90 che, grazie all’emissione di energia luminosa, permette di colpire la zona interessata senza ledere i tessuti circostanti.
Il macchinario emette, infatti, una luce policromatica in un ampio spettro di lunghezze d’onda comprese tra 500 e 1200 nm (alcuni apparecchi di ultima generazione possono andare anche da 390 a 1200 nm). Anche in questo caso, il flash luminoso è in grado di stimolare in maniera non invasiva i fibroblasti, inducendo la produzione di nuove fibre di collagene, responsabili della compattezza dei tessuti.